venerdì 30 gennaio 2015

Autorappresentazioni pittoriche

Questo post fa il paio - da un punto di vista figurativo - con il precedente letterario.
Partendo da una differenza fondamentale: per un pittore auto-rappresentarsi è la norma. Credo che non esista un solo pittore al mondo che non abbia mai eseguito il proprio autoritratto.
Ma io intendo evidenziare la messa in scena di se nascosta, non palese, confusa fra altre figure.
Fra i pittori italiani di epoca rinascimentale era una prassi diffusa. Se, ad esempio, vi è capitato di vedere l'affresco di Benozzo Gozzoli nella chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano raffigurante il viaggio di Agostino verso Milano, sappiate che l'uomo vestito di rosso sull'estrema destra è il pittore che si è auto-inserito nella folla dei fedeli.


Allo stesso modo, Piero della Francesca ha ritratto se stesso nei panni di un soldato romano addormentato all'interno della 'Resurrezione' conservata a Sansepolcro (è il secondo da sinistra). Gli esempi del genere potrebbero essere numerosissimi.


Nel caso di Michelangelo Buonarroti l'autorappresentazione nascosta è amaramente ironica: ha dato le proprie sembianze alla pelle scuoiata di San Bartolomeo, sorretta dal santo stesso nel complesso del 'Giudizio Universale' della Cappella Sistina.


L'artista voleva in questo modo alludere alle feroci critiche ricevute da Pietro Aretino (che alcuni identificano col San Bartolomeo sano che regge la propria pelle, o meglio: la pelle del 'nemico' Michelangelo...)
Ancora più amara è l'autorappresentazione del Caravaggio - ma non tutti i critici sono concordi su questa ipotesi - nel quadro esposto alla Galleria Borghese in cui un giovanissimo Davide sorregge la testa mozzata del guerriero Golia. Il volto morto e sanguinante del filisteo sarebbe un autoritratto nascosto del pittore maledetto.


Insomma: l'artista è sempre all'interno della propria opera, talvolta nel senso letterale dell'espressione.

domenica 25 gennaio 2015

Autocitazione

Autocitarsi è una civetteria letteraria.
Molti autori raccontano se stessi in libri a carattere autobiografico. Qualcuno lo fa tramite un alter-ego fittizio, spostando continuamente e con voluta ambiguità il confine tra verità e invenzione narrativa (vedi ad esempio Henry Chinasky, il personaggio tramite il quale Charles Bukowski di fatto racconta se stesso).
Ma c'è chi si spinge oltre e trasforma il proprio nome e le proprie opere in elementi narrativi all'interno di una fiction.
Ad esempio, il romanziere americano Bret Easton Ellis è il protagonista del romanzo di... Bret Easton Ellis intitolato "Lunar Park". Nei capitoli iniziali la vicenda è autobiografica, ma lentamente si trasforma in una fiction all'interno della quale nulla di ciò che accade allo scrittore-personaggio coincide con la vita reale dello scrittore-persona fisica.
Naturalmente se uno scrittore celebre si autocita non passa inosservato.
Ad esempio: io non sono un lettore di Camilleri, eppure tramite canali di informazione libresca ho saputo che nel giallo "Il campo del vasaio" il romanziere siciliano fa leggere al suo commissario Montalbano un romanzo di... Camilleri, "La scomparsa di Patò".
Sono, per contro, un appassionato lettore del suo più straordinario conterraneo, il gigante siciliano del XX secolo Luigi Pirandello, che a sua volta cedette al vezzo di autocitarsi in modo ironico nella celebre pièce teatrale "Sei personaggi in cerca d'autore". La commedia si apre su un palcoscenico in cui una troupe sta allestendo la messa in scena de "Il giuoco delle parti" di... Pirandello. Mentre il Capocomico spiega alcuni dettagli del secondo atto, il Primo Attore commenta:
"Ma è ridicolo, scusi!"
E il Capocomico, infastidito, gli risponde:
“Ridicolo! ridicolo! Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l'intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?"
Un caso recente riguarda il controverso scrittore francese Michel Houellebecq, particolarmente apprezzato dal qui presente blogger, che nel romanzo "La carta e il territorio" inserisce se stesso nella finzione narrativa come personaggio minore, peraltro destinato a fare una brutta fine...
Un'autocitazione particolare di tipo metaletterario è quella dello scrittore spagnolo Miguel de Unamuno nel suo romanzo "Nebbia". Nelle pagine conclusive il personaggio principale Augusto Pérez medita seriamente di suicidarsi, ma prima di decidersi ne va a parlare con un professore universitario che conosce bene l'argomento, tale... Miguel de Unamuno (come dice lo scrittore in prima persona: In quel tempo Augusto aveva letto un mio saggio nel quale di sfuggita parlavo del suicidio [...] Intraprese allora un viaggio sin qui, a Salamanca [...] per farmi visita). L'incontro fra il personaggio letterario e l'autore che lo ha creato origina un dialogo inevitabilmente grottesco.
"Tu non puoi suicidarti anche se lo vuoi".
"Cosa?" esclamò [...]
"... Perché uno si possa uccidere, cosa è necessario?" gli chiesi.
"Che abbia il coraggio di farlo" mi rispose.
"No" gli dissi. "Che sia vivo!"
"Evidentemente".
"Ma tu non sei vivo".
"Come, non sono vivo? Sono forse morto?" [...]
"[...] non puoi ucciderti perché non sei vivo, e non sei vivo e neppure morto perché non esisti [...] non esisti altro che come ente di finzione; non sei, povero Augusto, niente altro che un prodotto della mia fantasia e di quella dei miei lettori che potrebbero leggere il racconto delle tue finte avventure e sfortune che io ho scritto; tu non sei altro che un personaggio di romanzo..."
(non spoilero il finale ma posso dirvi che a mio modestissimo avviso di lettore, tolta questa trovata metaletteraria, lo definirei un romanzo deludente).
Tornando all'argomento del post, so per certo che anche alcuni scribacchini colleghi del sottoscritto hanno citato se stessi all'interno dei propri ebook.
E voi conoscete altri casi di scrittori che si sono auto-citati nelle loro opere?

martedì 20 gennaio 2015

Romanzi personalizzati

Ulteriore fantasia nata rileggendo i commenti sul mio ultimo post nonché a seguito di una corrispondenza privata col mio angelo custode Marcy.
Provate a immaginare questo ipotetico scenario futuro: un lettore ha comprato un ebook, lo ha letto, ma è rimasto insoddisfatto per alcuni elementi narrativi. Accende il pc e invia la seguente e-mail all'editore del libro:

Gentile editore,
ho gradito l'eleganza della prosa dell'autore da voi proposto e la caratterizzazione dei personaggi, in particolare Lucia.
Tuttavia ho trovato deprimente che quello scarafaggio opportunista di Don Abbondio alla fine se la cavi con una banale tirata d'orecchie da parte di un uomo di chiesa.
Arrivato al capitolo finale auspicavo impaziente un paragrafetto che descrivesse la meritata dipartita del curato vigliacco, l'assenza di tale evento mi ha rovinato la lettura. Richiedo pertanto un adeguamento alle mie necessità di lettore.

Oppure:

Stammi a sentire, caro il mio editore di scrittori post-moderni: io ci ho provato a seguire i ragionamenti del complicatissimo Leopold Bloom alias Ulisse, ma come cazzo faccio a leggere decentemente se il vostro autore si scorda di mettere punti e virgole? Ho pagato il libro ed esigo una versione perfettamente punteggiata, chiaro?

Qualche giorno dopo l'editore risponde all'e-mail del cliente:

Gentile amico,
la nostra politica aziendale si basa notoriamente sul principio che le caratteristiche del prodotto devono essere personalizzate per renderlo gradito al consumatore finale.
Alleghiamo pertanto al presente messaggio una versione aggiornata dell'ebook da Lei comprato modificato secondo le Sue necessità.
Con l'occasione porgiamo cordiali saluti.

e il lettore riceve così un nuovo ebook in cui Don Abbondio muore di peste o i flussi di coscienza di Leopold Bloom sono stati riscritti con punti, virgole, paragrafi e maiuscole dopo il punto.
Fantascienza? O possibile futura realtà?

giovedì 15 gennaio 2015

Amanuense digitale

Ammetto di aver avuto tra le mani - o meglio: nella memoria del pc - ebook di libri celebri raccattati in rete. So che è un reato e so che è eticamente scorretto. So anche che lo fanno tutti e questo mi fa sentire non dico meno colpevole, ma se non altro meno perverso.
Comunque lo scopo del post è un altro.
Chiunque abbia violato la legge come me sa che, talvolta, il testo dell'ebook piratato è pieno di impurità: parole appiccicate fra loro, lettere confuse, caratteri modificati come effetto della conversione digitale. Capitano anche paragrafi ripetuti, refusi inspiegabili, interpolazione di elementi come il numero di pagina o la nota a piè di pagina che si piazzano in mezzo a una frase anziché in coda al capitolo.
Insomma, una confusione tipografica che corrompe il testo.
Mi sono chiesto cosa accadrebbe se, in un lontano futuro, circolassero solo libri digitali di questo genere?
Si tratta di un fenomeno già accaduto in passato, nell'Alto Medioevo, quando degli antichi classici greci e latini erano rimaste pochissime copie spesso incongrue. All'epoca la pergamena era merce pregiata e costosa, cosicché si tendeva a riciclare quella esistente raschiando la superficie del foglio e riscrivendoci sopra. Naturalmente venivano raschiati i fogli con opere "inutili", e nell'Alto Medioevo della nuova religione cristiana, cosa c'era di più inutile dei vecchi testi "pagani" di autori greci e latini?
Migliaia di manoscritti classici vennero così cancellati o mutilati. Nelle poche copie che si salvarono c'erano parti mancanti, e quando i monaci amanuensi iniziarono a trascriverli nuovamente per salvarli dall'oblio dovevano quasi comporre un puzzle tra varie versioni incomplete. Inoltre talvolta complicavano la ricostruzione del testo essi stessi, sentendo la necessità di aggiungere annotazioni all'interno del paragrafo originale spesso indistinguibili da quest'ultimo, oppure trascrivendo vocaboli sbagliati a causa di errori di grafia o della loro scarsa comprensione del latino e del greco (d'altronde ormai si parlava in volgare, le lingue antiche erano già morte). Insomma, i libri si presentavano testualmente corrotti e di dubbia affidabilità, tanto è vero che per i filologi dei secoli successivi si è reso necessario emendarli con un attento lavoro di raffronto fra le varie versioni esistenti (che a loro volta erano copie di copie) per tentare di ricostruire il documento originale nella sua integrità.
Per un paio di ebook con questo tipo di problemi ho compiuto un lavoro del genere e devo ammettere che non mi è dispiaciuto. Se un giorno ci sarà bisogno di amanuensi digitali credo proprio che non mi tirerò indietro.

domenica 11 gennaio 2015

Liebster award n. ...

Ricevo un ulteriore Liebster Award, il primo del 2015 e quindi in un certo senso valido come primo dell'anno appena iniziato.
Mi è stato assegnato da Donata Ginevra, e dopo aver segnalato il suo blog come da regolamento rispondo alle sue undici domande:

1-Quando e perchè hai aperto il blog
Nel 2009, perchè sentivo la necessità di un luogo virtuale in cui dare sfogo alla mia grafomania latente.

2-Hai mai litigato con qualcuno nella rete?
Solo una volta con un utente arrogante di anobii.

3-A quale animale ti piacerebbe assomigliare?
Penso a un gatto, spirito indipendente che non disdegna le comodità della vita domestica.

4-Credi nella reincarazione? Chi credi di essere stato - o ti piacerebbe essere stato - in una vita precedente?
Non ci credo granchè, ma mi sarebbe piaciuto essere Luigi Pirandello, il mio mito letterario.

5-Vacanza perfetta: mare, montagna, on the road o spa?
In passato avrei detto on the road, ma sto invecchiando e dico: spa.

6-Quale film guarderesti venti volte senza stancarti?
"Good bye, Lenin!" di Wolfgang Becker.

7-Autore e libro preferito.
Pirandello l'autore. Di libri preferiti ne ho più di uno (li trovate col tag "librivissuti"), impossibile restringere a uno.

8-Credi nei fantasmi? Hai avuto esperienze?
Non ci credo. Ho avuto delle esperienze che secondo me erano solo suggestioni.

9-Come ti vedi fra 50 anni?
Avrò sicuramente scoperto, per esperienza diretta, se c'è davvero qualcosa dopo la morte.

10-Se avessi a disposizione la lampada di Aladino, quali tre desideri esprimeresti?
Una rendita mensile di qualche migliaio di euro per vivere tranquillo, salute per il mio miserevole corpo e la capacità di parlare e comprendere qualsiasi lingua (sono un iper-egoista, lo so :-)

11-Se vincessi una grossa cifra al gioco, come la useresti?
Sicuramente non prenderei decisioni immediate. La depositerei in banca e studierei con calma come utilizzarla.

Per completare il gioco dovrei nominare altri cinque blog e formulare undici domande a mia volta, ma ho esaurito la fantasia. Chiunque voglia suggerirmi sia le domande che le segnalazioni mi userà una gigantesca cortesia ;-)

giovedì 8 gennaio 2015

Je suis Charlie


In genere resto slegato dalle questioni di cronaca, ma questo è un caso che riguarda la libertà di espressione. Raccolgo perciò l'invito di Nick, con convinzione.

mercoledì 7 gennaio 2015

L'ombra interiore che genera scrittura

Le barche verdi e le vele allegre della baia / Io non le vedo. Soprattutto / Vedo la rete strappata del pescatore. / Perché parlo solo del fatto / Che la contadina quarantenne cammina in modo curvo? / I seni delle ragazze / Sono caldi come sempre.
È una strofa tratta da una poesia di Bertolt Brecht. Il senso è facilmente intuibile: l'ispirazione lirica, nel caso del letterato tedesco, nasce solo dalla coscienza di quel che vi è di ingiusto nel mondo intorno a lui.
Molto più egoisticamente, posso affermare che mi accade qualcosa di simile quando la negatività opprime la mia esistenza individuale.
Quando mi capitano quei momenti in cui resto inerte su una poltrona, con gli occhi persi nel vuoto, a rimuginare sui due periodi della mia vita in cui ho attraversato stati depressivi prolungati; quando sono presente solo fisicamente nelle situazioni quotidiane, mentre in realtà vago in una tetraggine che mi inghiotte come un buco nero; è quasi sempre in tali circostanze che germogliano spunti, idee, immagini, situazioni che poi, forse, tradurrò in parole scritte.
La cosa curiosa è che scrivere per me è un piacere, come d'altronde ho sempre detto. Però le basi nascono dai momenti negativi.
Può darsi che io scriva come reazione al senso di vuoto, per rammentarmi che esistono anche sensazioni positive.
Talvolta mi chiedo: e se fosse preferibile non sprofondare più in temporanei abissi di inedia spirituale però perdendo, conseguentemente, il desiderio di raccontare storie tramite la mediazione della parola scritta?