giovedì 31 ottobre 2013

Elogio del self-publishing nel XXI secolo

A proposito del self-publishing posso dire che mi ritengo fortunatissimo (superlativo necessario) a vivere in un’epoca in cui questo fenomeno esiste nelle modalità e nelle potenzialità attualmente sviluppate.
Perché in realtà il self-publishing è sempre esistito, anche nei secoli precedenti al XXI, ma con difficoltà di accesso quasi insormontabili per la maggioranza degli essere umani.
L’analfabetismo ha costituito il limite principale – e in parte lo è ancora in molte zone del globo – alla possibilità di esprimere per iscritto le proprie idee e la propria immaginazione. Oggi diamo per scontata la facoltà di saper leggere e scrivere, ma ancora a metà del XX secolo non lo era affatto, neppure in Europa e soprattutto in Italia. Ora siamo tutti alfabetizzati, e spero che sia considerato un dato positivo.
Ma anche dopo aver superato questo aspetto basilare, subentrava il fattore economico.
Italo Svevo pubblicò i suoi romanzi a proprie spese. Gli eredi di Tomasi di Lampedusa fecero lo stesso per il libro tanto caro al parente deceduto. Fortunatamente per loro appartenevano a famiglie benestanti, e si potevano permettere di spendere una cifra non indifferente per togliersi la soddisfazione di pubblicare i propri scritti e adempiere alle varie pratiche burocratiche legate ai diritti d’autore.
Ma quanti altri non potevano? Quanti altri manoscritti respinti da editori non sono mai stati pubblicati perché l'autore non aveva soldi da "sprecare" per l'intima soddisfazione di trasformare in volumi i suoi romanzi e, che so, togliersi la curiosità di ricevere una recensione da un lettore che non fosse né un suo parente né un suo amico? (quindi sicuramente più obiettivo).
Prima del print-on-demand e dei libri digitali - non molto tempo fa quindi - il self-publishing già esisteva. Chiunque poteva pubblicare liberamente i propri libri. Però doveva rivolgersi al tipografo sotto casa, o alle famigerate case editrici a pagamento. Nell’uno e nell’altro caso, un salasso pauroso. Fattibile, ma pesante per le finanze famigliari.
Proprio perché parliamo di situazioni risalenti ad appena quindici anni fa, io le conosco bene. E a maggior ragione sostengo di avere un immenso (aggettivo talvolta abusato ma stavolta legittimo) privilegio visto che ora posso pubblicare a piacimento in forma cartacea e digitale praticamente a zero spese. Un privilegio al quale se ne aggiunge un altro non meno importante: poter usufruire delle potenzialità del web e delle piattaforme social che permettono di essere raggiungibile da qualunque eventuale lettore del globo con un semplice clic, bypassando tutte le problematiche della distribuzione e della consegna. Ovvio che non sia tutto così automatico, specialmente per un anonimo scribacchino che nessuno conosce, però è meraviglioso disporre di questa opportunità che un tempo era inimmaginabile.
Stiamo vivendo in diretta una piccola rivoluzione che ha permesso l'autentica democratizzazione della possibilità di pubblicare. Certo, questo implica che anche un idiota arrogante e incompetente può usufruirne, e ogni sua schifezza può essere pubblicata.
D'altra parte, la democrazia funziona così: chiunque può essere eletto in parlamento, anche un megalomane paranoico può candidarsi e - perché no? - diventare deputato. Ma non credo che questo sia un buon motivo per auspicare il ritorno a legislazioni oligarchiche in cui solo una piccola minoranza può ambire all'elezione mentre alla maggioranza dei cittadini è negata la possibilità di candidarsi. Io, almeno, preferisco la democrazia pur con tutti i suoi difetti.
Seguendo lo stesso principio, non penso sia opportuno rimpiangere i tempi in cui solo una minoranza alfabetizzata - e poi, ancora per decenni, una minoranza altamente benestante - poteva permettersi di pubblicare libri senza passare per il tramite di un editore.
Inoltre il self-publishing permette totale libertà di espressione. Si può comporre e rendere disponibile a chiunque una raccolta di poesie scritte con uno stile inusuale laddove l'editoria tradizionale evita di pubblicare le poesie (anche quelle assai convenzionali) perché vendono poco. Oppure si può distribuire, stampare in bassissima tiratura, e inviare su piattaforme digitali un saggio che magari interessa un numero estremamente limitato di lettori (gli abitanti di un quartiere o di un paesino, i membri di un'associazione).
Insomma, il self-publishing nelle modalità attuali spalanca un'infinita potenzialità alla scrittura senza costringerla al giogo umiliante (e, diciamoci la verità, totalmente inutile e spesso truffaldino) degli editori a pagamento.
Quindo, concludo inevitabilmente così come ho iniziato: mi ritengo fortunatissimo a vivere nell'era dell'auto-pubblicazione gratuita, totale e globale.

giovedì 24 ottobre 2013

Mondadori si avvicina al self-publishing?

Sembrerebbe che la Mondadori, quella che più di ogni altra è, nell'immaginario collettivo nazionale, LA casa editrice, si stia avvicinando al mondo del self-publishing.
In realtà le dichiarazionio rilasciate a tal proposito sono ambigue. Si parla di "pop-publishing" (?) definendolo come una piattaforma "in cui viene data a tutti la possibilità di acquisire gratuitamente competenze sulla scrittura e sulla pubblicazione, per poi, nel caso, auto-pubblicarsi..."
Il 29 ottobre se ne dovrebbe sapere qualcosa di più, però al momento attuale la risposta specifica dell'editore alla possibilità di auto-pubblicazione diretta è: "No, chi vorrà, potrà servirsi dei portali di self-publishing già esistenti. Ovviamente sarà presente un link diretto alla versione italiana del portale di Kobo, visto che sono nostri partner". I dettagli sull'intervista li trovate qui.
Se eventualmente cambiassero idea, potrebbe avverarsi una situazione piuttosto particolare: tutti noi scribacchini potremmo rispondere all'inevitabile domanda: "Ma i tuoi libri li pubblica Mondandori?" con un serissimo: "Sì, il mio romanzo è stato [omissis: AUTO-]pubblicato da Mondadori".

sabato 19 ottobre 2013

Soddisfazione e sorpresa

Lo spunto per questo post è stata la mia incommensurabile vanità.
Ho trovato una nuova recensione positiva per Racconti sensazionali, e mi sono inorgoglito come se avessi vinto lo Strega, il Campiello e il Viareggio contemporaneamente. Poi, in un crescendo di autoesaltazione, ho provato la curiosità di scoprire le opinioni del recensore riguardo altri libri frugando nel suo spazio commenti su amazon.
A sorpresa ho notato che aveva affibbiato voti pessimi a due classici della letteratura. Spiegava però che si riferiva esclusivamente alla qualità del formato digitale: i due ebook in questione, benché pubblicati da editori piuttosto noti, presenterebbero una quantità inaccettabile di refusi e parole attaccate fra loro...
Poiché sono contemporaneamente autore e editor dei miei ebook so bene che le conversioni da word a mobi o a epub comportano rischi del genere. Programmi come calibre o mobipocket creator risultano utilissimi, ma non eliminano il rischio di perdite di dati relativi alla formattazione del testo. Può capitare che i paragrafi si appiccichino fra loro nonostante una riga bianca lasciata appositamente; oppure le vocali accentate si trasformano in caratteri assurdi appartenenti ad alfabeti sconosciuti... Sono inconvenienti difficili da evitare.
Prima di mettere on line un ebook su amazon perdo tantissimo tempo nelle operazioni preliminari di editing, proprio perché voglio essere sicuro che il prodotto sia buono quanto meno da un punto di vista formale. E devo fare tutto da solo.
Purtroppo, nonostante l'impegno, succede che qualcosa sfugga e il testo abbia dei bug. Sinora lo avevo considerato un limite causato dalla limitatezza dei mezzi a mia disposizione, e invece a quanto pare anche case editrici affermate - teoricamente più attrezzate di noi scribacchini frustrati e penosamente ambiziosi - sono ugualmente incappate in fastidi del genere e in misura più massiccia.
Come da titolo, per me è stata una soddisfazione e una sorpresa. E spero che ci siano altre soddisfazioni, ma nessun'altra sorpresa. Come lettore sono un buon cliente degli editori tradizionali, quindi non nutro alcun desiderio di rivalsa (ma poi, rivalsa per cosa?) nei loro confronti. Mi interessa solo che i libri acquistati, cartacei o digitali che siano, non presentino problemi di leggibilità.

martedì 15 ottobre 2013

Il merito di esporsi

"Dimenticavo di dirLe che, per scrivere, bisogna avere qualche cosa da scrivere", diceva Primo Levi nel libro L'altrui mestiere. Una frase sintetica e semplice per rammentare che la scrittura non dovrebbe mai essere banalizzata.
Da questo punto di vista è un'affermazione pienamente condivisibile. L'importante è non estremizzarla arrivando al punto di non scrivere affatto.
Personalmente, parlando come parte in causa, provo un'istintiva comprensione per chi tenta di scrivere, anche se i suoi risultati sono negativi. Si espone al rischio di stroncature e derisioni, opzioni inevitabili ma non per questo meno mortificanti quando si ricevono.
Lo scrittore belga Georges Simenon non godeva di grande stima da parte della critica letteraria, pur avendo un enorme successo di vendite. Negli ultimi decenni questa tendenza si è invertita e molti critici hanno reso merito alla sua scrittura, ma si tratta di una rivincita postuma poiché da vivo Simenon era considerato un autore di romanzi commerciali che sfornava bestsellers quasi come una macchina.
Lui ebbe modo di scherzarci sopra durante il periodo del suo soggiorno negli Stati Uniti. "In America mi trovo bene" diceva, "Qui non ci sono cafés letterari dove gli intellettuali si raccontano i romanzi che non scriveranno mai". All'epoca era una battuta, adesso suona addirittura come un trionfo.
Per rendere meglio il mio punto di vista cito un ricordo universitario che apparentemente non c'entra, però ha la sua attinenza.
Uno dei testi relativi a un esame di Letteratura Inglese era la tragedia "The Duchess of Malfi" di John Webster, drammaturgo della generazione successiva a quella di Shakespeare. L'edizione che ci venne consigliata era quella di un noto accademico (di cui non dirò il nome visto che sto per parlarne male ;-) che nell'introduzione accennava ai temi dell'opera e poi si soffermava sull'apparato critico italiano ad essa relativo. Spiegava che esisteva una sola traduzione nella nostra lingua(*) e che era assai inaffidabile perché piena di errori, di cui riportava alcuni esempi ironizzando sul lavoro del traduttore. Infine, metteva a nostra disposizione la sua meravigliosa edizione con il testo originale in inglese seicentesco senza traduzione italiana a fronte e corredato da un limitatissimo numero di note a piè di pagina per i "passaggi più complessi".
Personalmente posso dire che ho provato - e ancora oggi provo - maggior stima per il traduttore pasticcione che non per l'accademico annotatore. Voi che ne pensate?

(*) A quei tempi. Adesso ce ne sono altre disponibili.

mercoledì 9 ottobre 2013

Concorso letterario "Marvellous Hotel"

Un altro concorso letterario è apparso nel web.
A proporlo è Paolo, il blogger del Midnight Corner, ed è incentrato sulle vicende che possono accadere nelle stanze del Marvellous Hotel, ovviamente affidate alla fantasia dei partecipanti.
Le regole per partecipare le potete trovare qui.
Prenotate la vostra camera e scegliete l'avventura che volete raccontare...

sabato 5 ottobre 2013

Concorso letterario "Distopie Impure"

Ancora una volta Alex Girola lancia un'iniziativa letteraria proponendo un concorso in cui occorre raccontare un futuro distopico...
Pur consapevole dei miei limiti e della mia preparazione aabastanza parziale in questo genere di narrativa, parteciperò ugualmente con un mio scritto.
Ovviamente spero che tanti altri aderiscano e che sia una nuova occasione per mettere in luce qualche talento nascosto.
Per sapere esattamente quali sono le regole, i premi e tutto il resto, vi linko direttamente il bando del concorso.

martedì 1 ottobre 2013

Sopravvivenza di coppia - 4

PER LEI: Quelle serate in piazza organizzate dalla pro loco, con l’immancabile palco in cui un cantante dilettante aziona il sintetizzatore con le basi preregistrate di musica tradizionale napoletana e inizia a intonare, mieloso e patetico, “Te vojo bene assai”…
Ecco, non portarci mai lui. Vacci con le tue amiche, con tua madre, ma NON con lui.
Sì, lo so che è una musica così romantica, l’ideale per una coppia… Ma forse non ti rendi conto che lui, se è nato a una latitudine non partenopea, potrebbe non apprezzare…
“Ma a tutti piace la musica napoletana”.
No: piace alle donne (e neanche a tutte). Mentre gli uomini sono una specie diversa, dovresti saperlo.
Niente da fare, ti ostini nella tua idea, ci vai col tuo lui e lo trascini sotto il palco ad ascoltare un’ora di “O sole mio”, “Funiculì funiculà” “Maruzzella” e tutto il resto del repertorio.
E nei giorni successivi ti accorgi che, quando gli presenti quella tua conoscente che fa di cognome Esposito, lui la guarda in modo strano, sospettoso, le stringe la mano quasi con diffidenza.
E poi inizia a fare discorsi bizzarri, sostiene che tutto sommato la Lega Nord su molte cose ha ragione, in edicola chiede ‘La padania’ (“Qui da noi non esce” risponde l’edicolante lasciandolo mezzo deluso). E ti domanda notizie sui tuoi antenati, vuole sapere ogni cosa, soprattutto vuole essere informato di tue eventuali radici, sia pure lontane, in altre regioni, in particolare quelle più meridionali…
Passa una settimana e soprattutto il relativo sabato sera in cui – per fortuna! – non ci sono altre serate con musica napoletana in piazza, e lui ricomincia a essere il solito. Abbandona quegli strani atteggiamenti degli ultimi giorni, non fa più discorsi inusuali.
Insomma, ti sei resa conto che ogni volta che lo trascini a quei romantici concertini partenopei rischi di risvegliare il leghista latente che è in lui?...
E allora, vacci da sola o con le tue amiche, così rendi un utile servizio alla società!