giovedì 27 giugno 2013

Copiare per far meglio

Lo scrittore inglese William Golding, premio Nobel per la letteratura nel 1983 principalmente per aver scritto "Il signore delle mosche", ebbe l'ispirazione per tale romanzo dopo aver letto "L'isola del corallo" di R.M. Ballantyne.
I suoi famigliari hanno rivelato che lui, scherzando ma non troppo, intendeva riscriverlo meglio.
"L'isola del corallo" è un romanzo per ragazzi del 1858 con un forte contenuto positivo - e positivista - in cui  alcuni quindicenni naufragano in un'isola selvaggia e riescono a organizzarsi come dei piccoli adulti (ovviamente grazie alla loro educazione inglese...) e ad affrontare le avversità del contesto ambientale.
Golding era un uomo del XX secolo. Partecipò alla Seconda Guerra Mondiale e visse gli anni della Guerra Fredda e dell'Equilibrio del Terrore fra USA e URSS. Dal suo punto di vista il romanzo di Ballantyne difettava di una visione eccessivamente ottimistica sulla natura umana e trasudava di retorica imperialista vittoriana. Perciò decise in un certo senso di "copiare" la trama inventata da Ballantyne, svolgendola però con esiti diversi e adattandola ai suoi tempi, con qualche allusione alla guerra nucleare.
Ecco che "copiare" non significa necessariamente plagiare, ma anche creare ex novo.
I vari remake di film di vecchia data nascono spesso con questo intento (e pure per creare maggiore curiosità fra gli spettatori, ovvio, ma questa è un'altra storia).
I remake librari sono più rari, e spesso persino più commerciali e malriusciti di quelli cinematografici.
Ma in casi rari possono dare vita a romanzi nuovi che brillano di luce propria.

lunedì 24 giugno 2013

Comunicazione di servizio

Sarò lontano da casa per alcuni giorni, perciò il blog rimarrà inattivo come sempre per la settimana corrente.
O meglio: uscirà un post programmato su questioni letterarie che potete bellamente ignorare, ma se voleste commentarlo sappiate che purtroppo (o per fortuna?) non potrò replicare.
Tornerò ai primi di luglio per postare le solite cavolate qualcosa di interessante.

domenica 16 giugno 2013

Vizi da letterato

Sarebbe interessante fare uno studio approfondito sui vizi maggiormente diffusi tra i letterati.
L'alcolismo è presumibilmente il candidato più accreditato per il podio.
Già nel 7° secolo AD il poeta cinese Li Po componeva versi per elogiare il vino e si concedeva sbronze favolose, al pari del persiano Omar Khayyam.
Edgar Allan Poe, Francis Scott Fitzgerald, Raymond Chandler e Ernest Hemingway, quattro pilastri della letteratura americana, erano notoriamente grandi bevitori, come pure il portoghese Fernando Pessoa nel cui referto di morte viene menzionata la cirrosi epatica quale causa del decesso. Anche il poeta gallese Dylan Thomas è morto precocemente a causa di un'encefalopatia alcolica.
Restando in casa nostra, il lombardo Giuseppe Rovani era un beone che passava con nonchalance dal vino all'assenzio. Si racconta che una volta transitò davanti a un'osteria con l'intento di resistere alla tentazione di bere. Ci riuscì. Passò oltre l'ingresso della mescita senza cedere all'esca alcolica, e giustamente pensò: "Bravo Rovani, te set on òmm de caratter. Ogni virtù la merita on premi. Te pagarò on cicchett". Ed entrò nell'osteria per riscuotere il premio della sua fermezza...
L'abuso di droghe è un altro vizio abbastanza frequente fra i letterati.
Il poeta Charles Baudelaire (peraltro anche lui gran bevitore) fumava oppio. Quasi inevitabilmente fu lui a tradurre in francese il capolavoro autobiografico del saggista inglese Thomas De Quincey intitolato - indovinate un po' - "Confessioni di un fumatore d'oppio inglese".
Pure il poeta romantico Samuel Taylor Coleridge e lo scrittore Jean Cocteau sono stati per molti anni della loro vita soggetti a questa dipendenza.
In tempi più recenti Jack Kerouac e William Burroughs hanno trasformato il ricorso alle droghe allucinogene in un elemento centrale della creatività letteraria.
Limitandosi al tabacco, Italo Svevo era un fumatore incallito e ha dedicato un intero capitolo de "La coscienza di Zeno" all'inutilità di ogni tentativo di smettere di fumare.
Un altro celebre tabagista è stato il romanziere americano Kurt Vonnegut. Consapevole dei rischi legati alla nicotina, gli si attribuisce una battuta in merito:  
"Fumare è un metodo per suicidarsi con gran classe".
Dopo Bacco e Tabacco, inevitabilmente si arriva a Venere. Ebbene...
Il romanziere francese Georges Simenon era - con tutto il rispetto - un puttaniere.
Il nostro Dino Buzzati è stato uno strenuo difensore delle case chiuse (di cui deplorò l'abolizione), e di Gabriele D'Annunzio sono noti gli smodati appetiti sessuali, in grado di competere con quelli del poeta francese Paul Éluard che sosteneva di aver fatto l'amore con centinaia di donne. Se poi ci si addentra nel campo delle perversioni può venire fuori di tutto... basti solo rammentare che i termini "sadismo" e "masochismo" sono stati coniati basandosi sui cognomi di due scrittori (il marchese De Sade e Leopold von Sacher-Masoch).
Altri vizi?
Il poeta cinese Lu Tong beveva tè in quantità esagerate.
Honoré de Balzac era un caffeinomane all'ultimo stadio.
E infine Giovanni Arpino era tifoso della Juventus, ma questa la definirei semmai una virtù ;-)

lunedì 10 giugno 2013

La confusione del tempo e dell'individuo

Questa primavera anarchica che scorre irridendo i suoi canoni stagionali e si maschera da tardo autunno sarebbe il soggetto ideale per un haiku.
Ma ci vorrebbe un bravo poeta, io non ci provo neppure.
Però mi attraversa la testa un'idea bizzarra: che la confusione di nuvole, sole, caldo, fresco, pioggia, schiarite e vento si propaghi nella mia vita di questi ultimi mesi.
Il disordine del tempo meteorologico che ammanta l'esistenza di una singola persona e i suoi fatti privati: un'idea megalomane prima ancora che improbabile. D'altronde a volte mi capita di credermi più importante di quel che sono.

martedì 4 giugno 2013

Quattro anni e non (?) sentirli

Quattro anni di blogging, un compleanno virtuale che cade in un periodo non proprio ideale per l'uomo in carne e ossa che si nasconde dietro lo scribacchino anonimo di queste pagine web.
Il mio limite congenito è che quando le cose vanno male perdo entusiasmo in tutto, comprese le attività che normalmente svolgo con passione. Divento passivo, apatico, lunatico, nevrotico, depresso.
É come se avessi nel cervello un micro-registratore che a scadenza regolare ripete la frase "É tutto inutile".
Come se la normale precarietà e instabilità della condizione umana mi apparisse di colpo intollerabile.
Insomma, avrete capito che il problema non è il blog ma il blogger.
Perché a me piace scrivere, condividere sul web, sfogare la mia grafomania, confrontarmi con altri grafomani... Però in certi periodi mi sento demotivato, ma non solo in questo ambito: è una demotivazione a trecentosessanta gradi.
Comunque non ho intenzione di mollare niente, compreso questo blog. Ho imparato che la migliore cura quando non ho voglia di fare è continuare a fare. Alla fine qualche motivazione riesco a trovarla, e con l'aiuto di Dio le cose si appianano.
Spero che anche stavolta sia così.