lunedì 30 agosto 2010

Non si fugge da se stessi

Me ne sono reso conto nel contesto più improbabile.
Centro commerciale con musica, luci e la solita atmosfera spensierata da week end. Come se non bastasse sembrava la giornata internazionale delle cosce chilometriche. Decine di ragazze sui 16-17 anni giravano a gruppetti con la stessa tipologia di abbigliamento: t-shirt o camicia a maniche corte, microgonna o shorts, e gambe lunghissime.
Tolto il fatto che avrei potuto essere il padre, era piacevole osservare queste nordiche (una scolaresca in gita a Roma presumo) che con il classico entusiasmo dell'adolescenza si incantavano di fronte a una vetrina; oppure si provavano trenta cappelli in pochi secondi atteggiandosi da vamp, per poi ridere come bambine di fronte alle amiche che le prendevano in giro.
Dopo un po' ho visto anche le loro controparti maschili. Un po' più rumorosi, e ugualmente carichi di entusiasmo. Alcuni si erano accomodati sulla panchina di fronte alla mia. Erano seduti dappertutto: sul poggiaschiena, o per terra appoggiati sulle ginocchia di altri ragazzi, e pressandosi come in una mischia da rugby riuscivano a starci in dodici.
Li osservavo e provavo ad ascoltarli per capire la provenienza. Forse tedeschi, comunque sicuramente una lingua che io non capivo. Vedendoli così compatti, anche dal punto di vista materiale, credevo fossero tutti assieme. Finchè non ho notato il ragazzo sull'estrema destra, che era seduto sull'ultimo pezzetto di panchina e fisicamente toccava i due dirimpettai, ma dava le spalle a tutti. Schiena piegata in avanti, sguardo sul pavimento marmoreo, braccia che ciondolavano verso il basso reggendo una bottiglia di tè.
In un attimo sono scomparse le adolescenti allegre con le gambe perfette e i maschietti chiassosi dalla vitalità straripante.
Tutta la mia attenzione si è concentrata su quel ragazzo estraniato.
Volevo capire se era solo una fase momentanea di silenzio, o se davvero era in qualche modo separato dal gruppo. La risposta è arrivata subito, quando in undici hanno sgomberato la panchina lasciandolo al suo angolo, stesso sguardo perso sul pavimento e schiena in avanti, come se non si fosse neppure accorto della fuga di massa dei compagni di scuola.
Mi è venuto il desiderio di provare a parlarci. Ma in che lingua? Forse in inglese, un diciassettenne scandinavo-germanico dovrebbe parlarlo bene, però... però che effetto gli farebbe vedere un adulto italiano (quindi mafioso e ladro...) che prova ad attaccare bottone con lui? E cosa penserebbe sentendosi chiedere se "va tutto bene", se per caso "ci sono problemi"...? Potrebbe benissimo pensare che si trova di fronte a un adescatore, o magari a un truffatore che cerca di confonderlo...
Ok, lasciamo stare. Resto seduto e cerco di capire senza provare a stabilire nessun contatto.
Perchè quella bottiglia di tè?
Penso di sapere la risposta: per restare sveglio durante la notte. Per guardarsi alle spalle, per paura dei propri compagni, per avere i riflessi pronti di fronte ai pericoli, veri o immaginari.
Alla fine il ragazzo straniero si alza e si allontana, come un corpo estraneo nel mare di entusiasmo di un centro commerciale romano in cui regna ancora l'atmosfera estiva di fine agosto.
Alle sue spalle, seduto, un quarantenne italiano si rende conto ancora una volta di come non sia possibile fuggire da se stessi.

venerdì 27 agosto 2010

Citazione di Charles Baudelaire

Esistono dei genitori che considerano i giocattoli come oggetti da adorare in silenzio; certi abiti si possono indossare almeno di domenica, ma i giocattoli vanno gestiti in maniera ben diversa! Così, non appena l’ospite ha consegnato il suo regalo al bambino di casa, subito la madre severa e calcolatrice lo porta al piano di sopra, lo chiude dentro un armadio, e gli dice: ‘E’ troppo bello per la tua età, ci giocherai quando sarai più grande!’ […] Del resto, esistono dei bambini che fanno da soli la stessa cosa: non usano i loro giocattoli, li mettono da parte, li sistemano con ordine e ne fanno delle biblioteche o dei musei da mostrare ai loro amici, facendogli presente che non si possono toccare. Io nutro una certa diffidenza verso questi bambini-uomini.
(Morale del giocattolo, Charles Baudelaire)

mercoledì 25 agosto 2010

... (la mia mente a volte lavora a sproposito)...

Mi sono sempre chiesto come potrebbe essere il paradiso (ammesso che esista davvero).
Credo che cercare di capire troppo a fondo ciò che viene dopo la morte sia una cosa da evitare, perciò ho provato a elaborare una mia ipotesi di aldilà totalmente priva di connotazioni teologiche e filosofiche, e basata esclusivamente sull’immaginazione.
Ebbene, il mio paradiso è una giornata di cui posso scrivere la trama la sera precedente, qualche ora prima di addormentarmi. Devo solo decidere chi voglio essere, cosa, dove e quando. In un’altra epoca, in un altro mondo, in un contesto fantastico... Io creo, e il giorno dopo vivo quel che ho scritto.
Un purista del ragionamento potrebbe facilmente obiettare che, ipotizzando la vita dopo la morte come un tempo infinito, sarebbe impossibile creare ogni volta nuove esperienze e si finirebbe col ripetersi. Dato un tempo infinito e seguendo la logica del calcolo percentuale, è automatico che un evento si ripeta almeno una volta, o anche di più. L’obiezione più ovvia che mi viene in mente è: a volte capita di rileggere lo stesso libro o rivedere lo stesso film, e magari piace lo stesso…
… ma mi sto allargando troppo, già mi gira la testa. Fine della divagazione.

lunedì 23 agosto 2010

Anwen Keeling

Sono tornato, ma sulle mie ferie ho poco da dire. Preferisco dare spazio all'arte.

 Anwen Keeling è una pittrice australiana contemporanea, nata a Sidney nel 1976.
Trovo che i suoi quadri siano straordinariamente evocativi e carichi di mistero. La sua tecnica pittorica si basa su un sapiente contrasto fra luce e ombra e sull’uso di colori violenti, contrapposti alla staticità delle sue figure femminili che hanno l’aria di attendere o cercare qualcosa.
In “The Quarry” (qui accanto) la donna sembra volersi appartare con l’uomo alle sue spalle, ma il suo sguardo è inquieto.
La stessa atmosfera da thriller si trova in “If love was a red dress” (in basso a sinistra), dove la protagonista pare cercare qualcosa con un certo timore, o quanto meno con incertezza.
In “Languor” (a destra) tre amiche condividono un’intimità ambigua, marcata dall’oscurità e dal silenzio. C’è enigmaticità persino in un contesto che dovrebbe esserne privo.
Tecnica notevole e intuizioni che creano il giusto impatto visivo. Un’artista che denota grande talento.


mercoledì 11 agosto 2010

Qualcosa da leggere durante la pausa

Fra pochi giorni parto per le ferie, pertanto il mio blog resterà inattivo per una dozzina di giorni.
Ma volevo comunque lasciare qualcosa da leggere ai pochi, graditissimi internauti che ogni tanto mi omaggiano con le loro visite.
Avevo preannunciato che stavo lavorando ad una rielaborazione dell'Amleto. Bene, il racconto è finito. Ho liberamente adattato (con qualche licenza di troppo) la trama della tragedia shakesperiana ad una storia noir ambientata nel mondo della mafia italo-americana...
Se qualcuno volesse leggerla per darmi una sua opinione, gliene sarò ovviamente grato.
Potete scaricarla tramite il buon vecchio lulu.com a questo link.
Inoltre vi rammento sempre la pagina con tutti i miei scritti disponibili.
Per concludere, buone vacanze e... pessime letture a tutti voi ;-)

lunedì 9 agosto 2010

Agosto

Agosto è sempre stato speciale per me, perché nel corso di questo mese compio gli anni.
Ma nel contesto sociale italiano, agosto è anche il mese delle vacanze, dell’interruzione della scuola, del lavoro e di ogni forma di routine. Così mi sono trovato subito coinvolto in questo meccanismo, e infatti ho quasi sempre festeggiato il compleanno lontano da casa: nella casetta della villeggiatura in collina, in Sardegna, in Inghilterra, in Abruzzo, Francia, Veneto, e ultimamente in Toscana.
Già in fase pre-adolescenziale ho cominciato ad essere infastidito dal rituale delle candeline, forse perché lo scorrere del tempo mi è sempre piaciuto poco, e da questo punto di vista mi ritengo fortunato a dover “festeggiare” in un momento dell’anno in cui tutto si svolge fuori della norma, rilassato, scazzato, senza dover fare bilanci o preoccuparsi troppo degli invitati (parenti e amici sono tutti in vacanza!)
Una cosa curiosa è che io sarei dovuto nascere a fine settembre, durante la piena ripresa delle attività scolastiche & lavorative, nonché esistenziali. E invece ho anticipato. Ho costretto mia madre a tornare a casa di corsa (ovviamente anche lei stava in vacanza) per farmi vedere la luce prima che sul calendario venisse strappata la pagina agostana.
Mia figlia ha seguito la stessa procedura: nascita prevista a ottobre, parto effettivo il 31 agosto.
E’ bastato questo per farmi capire che saremmo andati molto d’accordo. E poi mi ha fornito un ulteriore motivo per considerare speciale questo mese.

venerdì 6 agosto 2010

Una poesia di William Blake

THE GARDEN OF LOVE

I went to the Garden of Love
And saw what I never had seen:
A Chapel was built in the midst,
Where I used to play on the green.

And the gates of this Chapel were shut,
And “Thou shalt not” writ over the door;
So I turn’d to the Garden of Love
That so many sweet flowers bore;

And I saw it was filled with graves,
And tomb-stones where flowers should be;
And Priests in black gowns were walking their rounds,
And binding with briars my joys & desires.



IL GIARDINO DELL’AMORE

Andai nel Giardino dell’Amore
E vidi ciò che non avevo mai visto:
Al suo interno era sorta una Cappella,
laddove ero avvezzo a giocare sul prato.

E gli accessi alla Cappella erano chiusi,
E “Proibito” era scritto sopra l’entrata;
Così ritornai al Giardino dell’Amore
Che era colmo di dolci fiori;

E vidi che si era riempito di tombe,
E c’erano lapidi al posto dei fiori;
E sacerdoti con tonache nere vagavano agli angoli
Recintando con rovi le mie gioie e i miei desideri.

lunedì 2 agosto 2010

Letture da giudicare

Ne parlerò più approfonditamente verso settembre, per ora preferisco stare sul vago perchè si tratta di un concorso letterario ancora in svolgimento e penso sia opportuno non fare troppe chiacchiere (anche se qualche altro partecipante si è fatto meno scrupoli di me).
Comunque sia, causa questo succitato concorso letterario mi sono ritrovato a dover leggere dieci libri completi (romanzi o raccolte di racconti) di altri concorrenti, aspiranti scrittori come il sottoscritto che sperano sia la volta buona per riuscire a pubblicare qualcosa.
Al momento ne ho letti sette, e posso dire che è stata un'esperienza utile per rendersi conto di cosa significhi dover "giudicare" un manoscritto. Magari col vantaggio di poterlo (anzi: DOVERLO) leggere tutto causa regolamento, anzichè limitarsi alle prime pagine come (a quanto sembra) fanno i redattori delle case editrici.
Mi sono reso conto che in giro c'è del materiale interessante. Ovviamente capitano anche cose scadenti, però, soprattutto, sono rimasto positivamente sorpreso da due romanzi che io non avrei saputo scrivere. Belli, profondi, articolati e non banali.
Non so come finirà questo concorso, ma un effetto su di me l'ha già avuto: mi ha "consolato", poichè ho dovuto constatare che c'è gente molto più brava di me che ancora è alla ricerca di un editore.
Nel frattempo continuerò a scrivere (proprio ieri ho finito la libera rielaborazione dell'Amleto di cui avevo parlato alcuni post fa) e a esaminare i tre manoscritti inediti restanti, con il dubbio di aver letto con mesi di anticipo uno o due romanzi che verranno pubblicati l'anno prossimo. Se dovessero effettivamente trovare la via della stampa, li segnalerò sicuramente.